lunedì 1 dicembre 2025

“Teologia Cattolica per tutti”: nasce una nuova rivista per riportare chiarezza nella fede


“Teologia Cattolica per tutti”: nasce una nuova rivista per riportare chiarezza nella fede

L’8 dicembre 2025, Solennità dell’Immacolata, sarà pubblicato il primo numero di Teologia Cattolica per tutti, un Quaderno teologico divulgativo curato dalla teologa Pamela Salvatori e dal giornalista Matteo Orlando. Il progetto, racconta Salvatori, nasce «nel silenzio della preghiera e nel dialogo fraterno», come risposta all’urgenza di offrire ai fedeli un orientamento sicuro in un tempo segnato da confusione dottrinale.

La rivista vuole proporre la “dottrina certa” della Chiesa, senza addentrarsi nelle dispute accademiche. «La fede non è opinione, ma Rivelazione divina», ricorda Salvatori, sottolineando che Tradizione, Magistero e Comunione costituiscono l’identità portante del progetto. Il pubblico a cui si rivolge è ampio: non solo studiosi, ma tutti i cattolici desiderosi di approfondire il Mistero di Cristo.

Il primo volume, intitolato Si è incarnato per distruggere le opere del diavolo (1 Gv 3,8), propone una lettura unitaria del Mistero cristiano — Incarnazione, Redenzione e Parusia — attraverso contributi di sacerdoti, religiosi e laici. «Per troppo tempo si è taciuto sul demonio», osserva Salvatori, evidenziando come la perdita del senso della lotta spirituale abbia oscurato la comprensione della Redenzione. Centrale anche la figura di Maria Immacolata, «inseparabile da Cristo nel disegno di salvezza».

La teologa auspica che il Quaderno aiuti i fedeli a non smarrirsi nel relativismo contemporaneo, offrendo certezze di fede e una maggiore conoscenza del Mistero cristiano. I prossimi numeri continueranno il tema del combattimento spirituale, mettendo in luce la testimonianza dei santi. Per contatti e collaborazioni è attiva la mail: teologiacattolicapertutti@gmail.com

venerdì 24 ottobre 2025

Luigi Gonzaga: vivere alla presenza di Dio, anche nel gioco di Giuseppe Lubrino


Nel fervore del Rinascimento, epoca di riscoperta dell’uomo e della sua libertà, Luigi Gonzaga sceglie una via controcorrente: rinuncia ai privilegi nobiliari per seguire Cristo. La sua vita è segnata da una profonda consapevolezza della presenza di Dio, vissuta in ogni gesto quotidiano.

Un episodio nel collegio gesuita di Roma lo rivela con chiarezza. Un pomeriggio, mentre gioca con i compagni, un sacerdote gli chiede: — Luigi, se ti dicessero che tra pochi minuti finirà il mondo, cosa faresti? Luigi risponde con serenità: — Continuerei a giocare.

Questa risposta non è superficialità, ma espressione di una fede profonda. Luigi vive ogni istante come offerta a Dio, certo che il Giudizio non lo coglierà impreparato. La sua coscienza è in pace perché ogni azione, anche il gioco, è vissuta alla luce dell’eternità.

La sua serenità nasce dalla fiducia nell’onnipotenza di Dio, come espressa nel Salmo 139: «Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti» (Sal 139,8). Luigi crede che non esista luogo o momento in cui Dio non sia presente. Questa certezza lo rende libero dalla paura, pronto a incontrare il Signore in qualsiasi circostanza.

Il cortile torna a vibrare di vita, ma nel cuore di Luigi brilla una luce più profonda: quella di chi vive già immerso nella grazia, nella fiducia che Dio è ovunque, anche nel gioco, anche nel Giudizio.


domenica 12 ottobre 2025

Le lettere di San Paolo: cuore pulsante del Nuovo Testamento Educare alla speranza: riflessione su 2Tm 2,8-13 di Giuseppe Lubrino

 


Le lettere paoline nel canone neotestamentario

Le lettere di San Paolo costituiscono una delle sezioni più vitali e teologicamente dense del Nuovo Testamento. Tredici epistole sono tradizionalmente attribuite all’Apostolo delle genti, suddivise in lettere alle comunità (come Romani, Corinzi, Galati) e lettere personali (come quelle a Timoteo, Tito e Filemone). Questi scritti non seguono un ordine cronologico, ma sono disposti per lunghezza e destinatari. Le lettere paoline sono testimonianze vive di un apostolato itinerante, appassionato, capace di fondere teologia, esortazione, autobiografia e preghiera.

La loro collocazione nel canone neotestamentario ne sottolinea l’importanza: dopo gli Atti degli Apostoli, esse tracciano il volto della Chiesa nascente, affrontando questioni dottrinali, morali e pastorali con uno stile diretto e profondo. Le lettere pastorali (1-2 Timoteo e Tito), composte in una fase più matura della vita di Paolo, offrono indicazioni preziose per la formazione dei ministri e la guida delle comunità.

Contesto storico della Seconda Lettera a Timoteo

La Seconda Lettera a Timoteo è considerata l’ultima epistola paolina, scritta probabilmente tra il 64 e il 67 d.C., durante la seconda prigionia di Paolo a Roma, poco prima del martirio. Il tono è intimo, paterno, profondo: un vero testamento spirituale rivolto al giovane Timoteo, collaboratore fedele e futuro pastore. La lettera riflette la consapevolezza della fine imminente e il desiderio di trasmettere l’essenziale della fede e della missione.

Riflessione su 2Tm 2,8-13

Nel brano 2Tm 2,8-13, Paolo consegna parole che sono vita vissuta, fede sofferta e speranza incrollabile. Al centro, l’invito: “Ricordati di Gesù Cristo, risorto dai morti, discendente di Davide: questo è il mio Vangelo.” (v. 8)

Questa memoria viva di Cristo è il fondamento della missione e della perseveranza. Paolo, incatenato “come un malfattore”, afferma che “la Parola di Dio non è incatenata”: la speranza cristiana non si piega alle prigioni, ma si radica nella risurrezione.

Il testo ha una forte valenza educativa. Paolo forma Timoteo come testimone fedele, capace di soffrire per il Vangelo e di trasmettere la fede con coerenza. “Se moriamo con lui, vivremo anche con lui”: è la pedagogia della croce che conduce alla gloria.

Il brano è attraversato da una tensione escatologica. La speranza cristiana non è evasione, ma fondamento della perseveranza. “Se perseveriamo, con lui anche regneremo”: promessa di comunione definitiva con Cristo, che dà senso alla fedeltà nella prova.

Attualità del messaggio nel Giubileo “Pellegrini di Speranza”

Nel Giubileo 2025, che ci invita a essere “Pellegrini di Speranza”, questo messaggio paolino assume una forza profetica. In tempi di incertezza e smarrimento, educare alla speranza significa formare cuori saldi, capaci di resistere e di credere nella fedeltà di Dio. Paolo ci insegna che la speranza non è ottimismo ingenuo, ma radicamento nella risurrezione.

Essere pellegrini di speranza significa camminare con Cristo, portando nel cuore la certezza che la fedeltà di Dio non viene meno. La lettera ci consegna un modello di educazione alla speranza: memoria viva di Cristo, perseveranza nella prova, certezza della vita eterna. In questo Giubileo, siamo chiamati a formare generazioni che sappiano resistere, credere, amare.

domenica 28 settembre 2025

La Parola che decifra il tempo di Giuseppe Lubrino

 


«Combatti la buona battaglia della fede, conquista la vita eterna alla quale sei stato chiamato, e per la quale hai pronunciato la tua bella professione davanti a molti testimoni.»  (cf. 1Tm 6,11-16)

L’appello all’eternità risuona come un canto incessante nella liturgia odierna. La fine delle dissolutezze è annunciata, il trionfo del bene sul male è certo. La Parola di Dio si rivela come chiave interpretativa del tempo, delle abitudini, delle pieghe più intime del cuore. È bussola e fuoco, tensione viva tra il già della salvezza donata e il non ancora del Regno che attende compimento.

Siamo chiamati a combattere la battaglia della fede. Non con le armi del mondo, ma con la forza mite della verità, della coerenza, della luce. Combattere il male in tutte le sue forme: con le parole che edificano, con le scelte che liberano, con le azioni che curano, con i pensieri che elevano. Testimoniare con la vita, accendere fiammelle dove il buio sembra vincere.

Il mondo geme. Gaza, Ucraina, Yemen: grida di dolore salgono dalla terra al cielo. Violenza, disuguaglianze, povertà dilagano come fiumi in piena. Eppure, Dio chiama alla sequela, invita a vincere il male con il bene, a credere alla sua Parola per non cadere nell’errore del ricco cieco e ingordo.

La partita della vita non si chiude con la morte. C’è un oltre. Un abbraccio che attende. Un Abramo che custodisce la fede e solleva in braccio chi ha creduto. “Ascolta la Parola”: non è solo un invito, è un’urgenza. Da accogliere, custodire, metabolizzare.

Ma quanto ascolto davvero? Cosa significa ascoltare? Dedico tempo alla cura dell’ascolto? Ascolto ed empatia: un binomio inscindibile, necessario, vitale. In un tempo in cui il frastuono dei missili e delle parole vuote del mainstream genera un silenzio assordante, l’ascolto diventa atto rivoluzionario, gesto di fede, seme di pace.


mercoledì 10 settembre 2025

Il tempo che educa secondo il capitolo 3 del Qohelet di Giuseppe Lubrino

 



Il capitolo 3 del libro del Qohelet (Ecclesiaste) è uno dei testi più emblematici della sapienza biblica. La sua celebre sequenza di “tempi” — “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire…” — esprime una visione ordinata e significativa dell’esistenza. Il biblista cattolico Gianfranco Ravasi ha definito questo brano come una “liturgia del tempo”, dove ogni momento è carico di senso e inserito in un disegno più ampio. Il Qohelet non propone una visione fatalista, ma invita a riconoscere il tempo come spazio educativo e teologico.

Nel pensiero biblico, il tempo non è solo successione cronologica, ma luogo formativo. Ogni stagione della vita ha una sua pedagogia: il tempo della gioia insegna la gratitudine, quello del lutto la compassione; il tempo del silenzio educa all’ascolto, quello della parola alla responsabilità. Il Qohelet ci invita a vivere il tempo con consapevolezza, accettandone il ritmo e riconoscendone il valore. In questa prospettiva, il tempo diventa maestro ed è concepito non più come uno spazio vuoto da riempire ma come un luogo da abitare.  Nel contesto educativo e sociale contemporaneo, il tempo è spesso vissuto come frammentato e accelerato. La scuola, la famiglia e le relazioni soffrono per la mancanza di tempo “qualificato”. Il messaggio del Qohelet è attuale e provocatorio: ci ricorda che educare significa anche insegnare a vivere il tempo, a discernere, a sostare. In una società che premia la velocità, il Qohelet propone la sapienza della lentezza e del discernimento. Il capitolo 3 del Qohelet ci insegna che il tempo non è neutro, ma narrativo. Ogni istante può diventare occasione di crescita e di rivelazione. Riscoprire il tempo come maestro significa restituire profondità all’esperienza educativa e umana. In un mondo che corre, il Qohelet ci invita a camminare con consapevolezza.

Bibliografia essenziale

  • Ravasi, Gianfranco. Qohelet. Il libro più originale e scandaloso della Bibbia, San Paolo Edizioni
  • Maggioni, Bruno. Introduzione alla lettura della Bibbia, EDB
  • Bovati, Pietro. Sapienza biblica e vita quotidiana, LDC
  • Barbaglio, Giuseppe. Il sapiente e il tempo. Lettura del Qohelet, Queriniana
  • Secondo, Juan Luis. Il tempo e la fede, Borla

mercoledì 3 settembre 2025

“Difendere la fede: la teoria di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI. Una risposta a Paolo Flores d’Arcais

 


Con grande piacere vi annuncio l’uscita del mio nuovo saggio: “Difendere la fede. La teoria di Joseph Ratzinger/Benedetto XVI. Una risposta a Paolo Flores d’Arcais”  Phronesis Editore – Collana Theologica

Questo saggio nasce con l’intento di fornire una risposta puntuale, rigorosa e precisa al noto filosofo e direttore di Micromega, Paolo Flores d’Arcais, in merito alla sua interpretazione del pensiero teologico di Joseph Ratzinger, espressa nel saggio: “La fede e l’anatema. La crociata oscurantista di Joseph Ratzinger contro la modernità” (Mimesis Edizioni).

Flores d’Arcais sembra leggere la parabola ratzingeriana più attraverso una lente ideologica che ermeneutica. In questo lavoro cerco di evidenziare le caratteristiche fondamentali della visione teologica di Benedetto XVI: una teologia profondamente cristocentrica ed ecclesiologica, capace di proporre un dialogo fecondo tra fides et ratio.

L’obiettivo è offrire al lettore non solo una confutazione argomentata, ma anche una introduzione mirata al vasto e complesso pensiero di Joseph Ratzinger, che continua a rappresentare per l’uomo contemporaneo un orizzonte di senso illuminato dalla rivelazione cristiana e dal depositum fidei della Chiesa Cattolica.

Il volume è arricchito dalla prefazione del  teologo Fra Gabriele Scardocci OP e dalla postfazione dell’autore e direttore di Informazione Cattolica, Matteo Orlando, che contribuiscono a contestualizzare e valorizzare ulteriormente il contenuto del saggio.

Giuseppe Lubrino

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venerdì 29 agosto 2025

La pedagogia di Dio nella Bibbia: un orizzonte di senso per l’educazione contemporanea di Giuseppe Lubrino

 


Nel cuore dell’attuale crisi educativa, dove i giovani sembrano smarriti tra frammenti di sapere e modelli esistenziali evanescenti, il libro La pedagogia di Dio nella Bibbia di Jean Cantinat (1964) si rivela sorprendentemente attuale. Non è solo un testo teologico, ma una proposta formativa radicale: riscoprire la Bibbia come Testo formativo, capace di offrire un orizzonte di senso entro cui decifrare la complessità del reale.

Cantinat ci mostra un Dio che educa non con imposizioni, ma con pazienza, rispetto e amore. La Scrittura diventa così il racconto di un cammino educativo, dove l’uomo è accompagnato nella sua crescita, non per essere addomesticato, ma per essere reso libero. In un tempo in cui l’educazione rischia di ridursi a trasmissione di competenze, questo libro ci ricorda che educare è generare senso, è aiutare l’altro a leggere la propria vita dentro una trama più ampia, significativa, relazionale.

La Bibbia, in questa prospettiva, non è solo un testo sacro, ma un laboratorio antropologico. Le sue pagine raccontano di uomini e donne in ricerca, di errori, di alleanze, di vocazioni. È un testo che forma, che plasma, che interpella. Cantinat lo dice con forza: “Dio non si impone, si propone. Egli parla al cuore, attende la risposta libera dell’uomo.” Questa pedagogia è profondamente umana, perché fondata sulla libertà e sull’amore.

L’immagine dell’aquila che veglia sul suo nido, tratta da Deuteronomio 32, è emblematica: “Come un’aquila che veglia sul suo nido, svolazza sopra i suoi piccoli, così il Signore ha guidato il suo popolo.” L’aquila non costringe i suoi piccoli a volare, ma li incoraggia, li sostiene, li protegge. Così Dio educa: con forza e tenerezza, con fermezza e compassione. È una pedagogia che non teme il deserto, anzi lo abita: “La condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore” (Os 2,16). Il deserto diventa spazio educativo, luogo di verità, di incontro, di rivelazione.

Per l’educatore di oggi – che sia insegnante, catechista, genitore o formatore – questo libro è una risorsa preziosa. Non offre metodi, ma visione. Non propone tecniche, ma una spiritualità dell’educazione. In un mondo che ha bisogno di adulti capaci di testimoniare senso, La pedagogia di Dio nella Bibbia ci invita a tornare alle radici, a riscoprire l’educazione come atto generativo, come arte del prendersi cura, come spazio di libertà.

In fondo, come scrive Cantinat, “la vera educazione è quella che conduce alla libertà dell’amore.” E oggi, più che mai, i giovani hanno bisogno di questo: di adulti che sappiano parlare al cuore, che sappiano offrire un orizzonte, che sappiano mostrare – con la vita – che il reale può essere abitato con fiducia, perché ha un senso.


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